Strani delitti per le vie di Napoli

un racconto fanta-horror di Sara Vaccari
Se ne parlava ovunque su tutti i telegiornali, nelle prime pagine di qualsiasi quotidiano… ovunque.
Si trattava di una cosa mai vista prima: cinque persone si aggiravano di notte su una macchina nera, tutti vestiti di nero e ammazzavano chiunque incontrassero compresi donne e bambini.
Si facevano chiamare “i cinque”.
Per colpa di questi banditi la città di Napoli, un tempo tranquilla, non era più la stessa.
Una volta, ogni sera, l’intera città si riversava nelle strade per andare a teatro, al cinema, o per ammirare le coloratissime bancarelle.
Ma da quando erano arrivati “i cinque” la gente se ne stava chiusa in casa.
Solo pochi avevano ancora il coraggio di uscire.
Ma la cosa più strana di tutte era che nessun poliziotto fosse mai riuscito a catturarli.
Un giorno arrivò a Napoli un investigatore di nome Woods per passare le vacanze da un amico poliziotto.
Andava da lui ogni anno a di solito c’era sempre tanta gente in piazza ma questa volta non vide anima viva.
Dovette andare a casa del suo amico a piedi perché non c’erano neanche i taxi.
Quando arrivò si fece spiegare tutto e alla fine rimase a pensare mentre l’amico se ne andava perché era il suo turno di guardia in carcere.
Dopo avere pensato a lungo Woods decise che quella notte sarebbe andato a dare un’occhiata.
Quella sera quando Woods spiegò al suo amico Marley che sarebbe andato ad indagare di persona, il poliziotto si offrì di accompagnarlo.
Era proprio una brutta visione: nella strada principale c’erano dei cadaveri distesi al suolo e sangue tutt’intorno.
Woods spiegò a Marley il suo piano: si sarebbero nascosti dentro un bidone della spazzatura, avrebbero aspettato le 22, l’ora in cui i banditi si facevano vivi, poi quando se ne sarebbero andati li avrebbero seguiti fino al loro nascondiglio.
Ovviamente all’ora detta da Woods i banditi arrivarono, uccisero tre persone e poi ritornarono nell’ombra da cui erano arrivati.
Dopo essersi accertati che “i cinque” se ne fossero andati, uscirono dal nascondiglio e senza che nessuno li vedesse iniziarono a seguire l’auto nera.
Man mano che andavano avanti la nebbia si infittiva.
Dopo dieci minuti videro l’auto fermarsi e scesero cinque persone.
Allora parcheggiarono l’auto dietro ad alcune rocce e proseguirono anche loro a piedi.
Ad un certo punto entrarono in un bosco.
Marley disse a Woods che quel bosco si chiamava Cattar.
Intanto i malviventi proseguivano il loro cammino.
Quando furono arrivati entrarono in un locale con una scritta scolorita ma si capiva comunque che c’era scritto “BAR ALBERO”.
I due amici rimasero pietrificati: il covo dei banditi era nella città di Caserta, città ormai abbandonata.
Adesso bastava capire perché uccidessero tutte quelle persone.
Quando si avvicinarono e sbirciarono dentro, non videro cinque persone ma circa quaranta.
Marley restò a bocca aperta e Woods gli spiegò tutto quello che aveva capito: aveva notato che i cadaveri sparpagliati per la strada principale non erano veri cadaveri ma pupazzi e il sangue tutt’intorno era semplicemente vernice rossa.
I ladri prendevano le persone, le derubavano e poi le portavano nel loro covo e le facevano lavorare.
Se però uno si opponeva in quel caso lo uccidevano veramente.
Marley quando si riprese, chiamò la centrale di polizia e gli disse di venire nella città di Caserta ma senza sirene.
Quando la polizia arrivò catturò i ladri e liberò le persone che erano state fatte prigioniere.
Al processo i ladri non parlarono e per questo non si riuscì mai a risalire al loro capo.